Tra il 1800 e il 1900 si stava lavorando al tratto ferroviario che da Parma arrivava a La Spezia. Il traforo del Monte Borgallo e la conseguente attuazione dell’omonima galleria, avrebbe dovuto mettere in comunicazione regioni come l’Emilia Romagna, la Toscana, la Liguria con l’Italia e tutta Europa .La cosa fu lunga, ardua, difficile. In quel periodo, l’impresa Piatti, addetta ai lavori, installò il proprio cantiere nei pressi dell’erigenda stazione ferroviaria di Borgotaro, in un raggio di terra che si estendeva fin oltre il torrente Tarodine; allo stesso tempo effettuò opere di grande potenza idraulica ed elettrica e procurò così l’energia necessaria per lavorare all’opera che si stava realizzando
Il Quartiere S.Rocco di Borgotaro, fino ad allora, per lo più costituito dal greto del torrente e da grandi prati, fu contornato da capannoni, in parte adibiti a deposito di materiali, in parte ad abitazioni di operai, che, giunti in quel luogo da ogni dove, per lavorare alla ferrovia, in seguito vi si stabilirono chiamando vicino a loro anche la famiglia. Tutti portarono le esperienze acquisite nei loro paesi d’origine. Artigiani, impresari, albergatori, commercianti, locandieri, muratori, fabbri…in tanti contribuirono a creare quella piccola comunità industriale che per anni fece parte della realtà economica del paese e pose le basi a quella di oggi. Le attività estrattive della ValTaro, il legname e i frutti offerti da quei boschi lussureggianti, la costituzione di una centrale idroelettrica che si verificò essere la vera ricchezza di quei luoghi, si rivelarono la motivazione più vera per rimanervi. Anche Casimiro Tagliavini che spesso per motivi di lavoro era in Valtaro, decise il trasferimento della famiglia a Borgotaro, dalla nativa Colorno. Fu proprio l’arrivo della ferrovia a Borgotaro, che probabilmente lo incoraggiò a portare in quei luoghi, quell’ esperienza lavorativa che aveva acquisito in azienda, così come il fratello Antonio, dopo qualche tempo, si trasferì a Pontremoli e vi portò lo stesso tipo di attività. La presenza di Casimiro in Valtaro, risale probabilmente al periodo che intercorre tra il 1900 e il 1906, essendo la figlia Antonietta nata a Colorno nel 1899.Abitò con la famiglia in Largo Roma, dove pare sia nato l’ultimo dei figli, Aldo ,per trasferirsi poi a S. Rocco, sulle rive del Tarodine, dove acquistò un appezzamento di terreno e vi installò quell’azienda di materiale da costruzione che per diverso tempo andò per la maggiore in tutta la Valtaro. Detto cio’, si puo’ pensare che la data di nascita della ditta Casimiro Tagliavini fu Patrizio in Valtaro, sia da far risalire intorno al 1910,forse ’12 da alcune foto di Aldo, molto piccolo che si aggirava con il padre tra le rive del Tarodine. Probabilmente per dare un assetto concreto a quel territorio dove doveva sorgere l’azienda. Il materiale che vi si trattava, consisteva in tutto ciò che potesse servire alle costruzioni e alla realizzazione di strade, ponti, fognature e altro. Tubi in cemento, artistiche mattonelle per pavimenti, legname per impalcature, il mattone ….ma anche… artistici decori per ville e giardini, era ciò che vi si trovava. D’altra parte, arrivò a Borgotaro in piena fioritura liberty, per cui era necessario imparare a muoversi secondo le esigenze architettoniche di quegli anni. Impiegò i propri figli in azienda, coltivando la vena artistica che tanto Aldo che Antonietta avevano. Casimiro era dotato di spiccato spirito organizzativo e, dopo aver sistemato le prime cose, chiamò a sè alcuni parenti e amici che, da Colorno, lo raggiunsero e si misero a lavorare con lui alla sistemazione di quell’area che lui aveva acquistato. Gli stessi furono assunti da lui come operai e lavorarono per diverso tempo in quel complesso industriale che aveva voluto. Oggi, parte delle loro famiglie, costituiscono ancora quella comunità Valtarese, che ancora vive a S.Rocco e dintorni. Era un uomo che non mancava certo di senso pratico e in quell’area di oltre cinquemila metri di terra, oltre all’azienda destinò, spazi verdi per agricoltura e allevamento di animali da cortile, così che in quel posto non sarebbe mancato proprio niente. Tutto verteva all’interno di quei cancelli che racchiudevano la sua proprietà: uno dava su Via 28 ottobre, ora Via Libertà, l’altro sul torrente Tarodine. Da Tagliavini era diventata per suo volere, una parte importante del quartiere, dove abitavano altre famiglie ed era meta ambita di turismo estivo. Parenti ed amici arrivavano numerosi da lui, ogni anno, per trascorrervi le vacanze e all’intorno, l’aria che si respirava era aria di festa, di grande allegria e tanta armonia. Come detta la legge della sopravvivenza, indirizzò la figlia all’arte della fotografia, a lui necessaria per le sue opere cimiteriali e iscrisse il figlio alla scuola d’arte per coltivarne quelle doti che dimostrava d’avere. La sua casa era situata non molto distante dalla stazione ferroviaria. Posta sulla riva sinistra del torrente Tarodine, vi si accedeva da Via Libertà, tramite un bella scalinata stile Liberty, costituita da sei scalini in cemento e da due pilastri all’entrata…poi…un vasto terrazzo portava all’ingresso principale dell’abitazione. All’esterno, belle decorazioni fiorate, realizzate in ditta, adornavano la scalinata. A cira 30 metri da esso, il pesante cancello di ferro, i indicava l’entrata. Vi si accedeva tramite una strada che portava al pian terreno della casa, dove si trovavano gli uffici e i magazzini; i laboratori erano disposti a semicerchio sul davanti: vi tagliavano il marmo, vi lavoravano la graniglia di cemento….marmo e graniglia andavano ad arricchire le chiese, cimiteri, le ville e i giardini; vi si facevano splendidi decori con motivi Liberty, belle fontane per i giardini della Valtaro. Il 1934 vide la morte di Casimiro e l’entrata, come dirigente, del figlio. L’azienda era divisa in settori e dava largo spazio a tutto cio’ che era costruzione. Qui ci si poteva rifornire di ogni cosa occorrente: dal semplice sacco in cemento al mattone, al legname per impalcature, a bellissime mattonelle per pavimento, alla soglia di marmo per finestre, ad artistici arredi in marmo per bagni e cucine….insomma non mancava proprio nulla .Chi entrava dal cancello sapeva benissimo che lì avrebbe trovato di tutto, anche accoglienza, trasparenza e disponibilità di chi, seduto alla scrivania di quell’ufficio, vendeva anche buon gusto e consigli con lealtà ed onestà. In ufficio, sempre pronta ad accogliere il cliente con gentilezza e cordialità, c’era la signora Gina, che sapeva instaurare un clima di grande professionalità con tutti. Donna di grande determinazione, sapeva porsi con disinvoltura in ogni occasione, a suo modo eclettica, era moglie, mamma, un po’ artista, un po’ tecnica, ma soprattutto dirigente esemplare con il marito di quella ditta, che, loro malgrado, si sono trovati a condurre, dopo la morte prematura del suocero. Adiacente all’ufficio, c’era lo studio da architetto di Aldo, che chi ha studiato a fondo la sua arte, ha definito un ‘artista a 360° ; dalle sue mani usciva di tutto; un ornato, una scultura, una xilografia, molto spesso progetti per villini stile liberty o per chiese da rifare o da ristrutturare fino a….semplici origami o cestini fatti con la buccia delle arance per intrattenere i piccoli ospiti, spesso presenti, così da sprigionare in essi meraviglia e ammirazione. Entrando dal cancello ,si veniva accolti sulla sinistra da una grande distesa di tubi in cemento di ogni dimensione, sulla destra c’era, nei pressi dell’entrata, una grande distesa di materiale vario consistente in elementi artistici, arredi di ville e di giardini. Era in questo punto che trovavamo il settore tubi in cemento. Qui vi lavoravano due operai: Spagnoli Giovanni detto il Ricciolino, per i suoi capelli mossi e Giovannone, detto così, per la sua poderosa mole. All’esterno di quel laboratorio, c’erano la sabbia di mare e quella di fiume che, lavorate con il cemento, che stazionava in un magazzino vicino all’ufficio, costituivano gli elementi essenziali per realizzare quella distesa di grossi tubi, gioia di tutti i bambini del quartiere, meta preferita dei loro giochi. Sul lato sinistro, numerose pile di mattonelle, stavano aspettando di essere vendute. Di fronte ad esso, dalla parte opposta, c’era il settore marmo, qui l’esterno era tappezzato di grossi lastroni, da cui usciva ogni cosa: dall’arredo di cucine e bagni, alle semplici soglie per finestre, a rifiniture per tavoli e mobili di casa, nonchè frontali artistici per camini, colonne per arredo, belle lapidi per cimitero sapientemente decorate e tutto cio’ che nasceva dalla creatività di chi quell’azienda dirigeva. Qui, sotto la guida attenta di Aldo, lavoravano Benci Renato e Barusi Ugo,il primo con la sua matita rossa da falegname sempre pronta al lobo dell’orecchio destro, tagliava il marmo e lo trasformava, con la precisione di cui era capace, in lastre pronte a diversi usi, con l’aiuto di qualche operaio preso a caso da altri lavori; il secondo, sulla traccia lasciata da Aldo, incideva con lo scalpello i nomi delle persone defunte nelle artistiche lapidi per il cimitero. C’era poi il settore mattonelle, e qui lavoravano in molti: c’era chi era alla pressa, chi era alla lavatura delle stesse, chi alla lucidatura. Le mattonelle della ditta Tagliavini erano molto richieste perchè fatte con molta cura. La scelta di graniglie variamente colorate, veniva fatta scrupolosamente da Aldo con eccellenza e pignoleria. Grande artista, per lui era molto importante la scelta del colore da mescolare al cemento e la relativa graniglia da abbinarvi, così che i gialli s’intrecciavano col nero, i rosa con il bianco e il nero, il bianco con il nero. Insomma era tutto un caleidoscopico gioco di colori. Ma quel che meravigliava di più era quel che sapeva fare nell’assemblare due o più tipi delle sue mattonelle ,nel momento che queste venivano posate in opera…in effetti, sapeva dare un senso a tutto, anche a un semplice pavimento. In chiesa a S.Rocco di Borgotaro, c’è un pavimento fatto di sua mano dove si nota la sequenza di quelle mattonelle come intendessero accompagnare verso l’altare i fedeli presenti in chiesa. In quel settore, lavoravano anche le donne così che oltre a Tamagna e a Aldo Riva, troviamo i volti femminili di Anna, Fidalma, Rosetta e altre. Non a caso,, Casimiro, aveva pensato bene di munire la sua azienda di un frantoio, che rendeva quelle pietre, variamente colorate, pronte all’uso. A questo punto, i laboratori si atteggiavano ad angolo retto, proseguendo ancora per oltre dieci metri, faceva da unione un piccolo stabile, dove stazionava una grande bilancia per pesare il prodotto che veniva venduto a peso: cemento, calce, gesso e quant’altro. Adiacente ad esso troviamo il laboratorio di formatura e dei lavori cimiteriali. Qui nascevano i leoni, le pigne, gli artistici vasi di cui è ricca la Valtaro, qui si creavano elementi utili alla ristrutturazione e alla costruzione di chiese, qui non ci si puo’ nemmeno immaginare quante sono le cose che vi sono nate per rendere belle le ville, i giardini, le chiese di tutta la valle. All’interno, numerosi operai erano al lavoro gli uni di fronte agli altri. Due grandi banchi in cemento, lunghi per tutti i dieci metri del laboratorio, erano sempre pieni di cornicioni, architravi, formatura di colonne, frontali per camini e tutto quanto potesse servire per esaudire le richieste del committente. Aldo spesso lo si trovava là intento a modellare con la creta qualche pezzo da trasformare in gesso prima, in cemento poi, oppure a dar forma a qualche scultura a tutto tondo. Al centro di quel laboratorio, c’era una vasca dove si trovava la creta occorrente per modellare gli elementi architettonici, creati dalla fantasia del padrone di casa, che andavano ad arricchire anche gli angoli più lontani dell’ambiente Valtarese. Ed
è in questo modo che, mentre Borgotaro si stava trasformando da paese prevalentemente agricolo a paese industrializzato, nasceva l’artista Tagliavini. Era il 26 Agosto del 1906.Il suo vissuto in quel luogo, la necessità dell’edilizia di allora, hanno coltivato in lui, la passione per l’arte, ma soprattutto lo hanno spronato e incoraggiato ad esprimere al meglio, quel talento innato, che nascondeva dentro di sè. L’azienda che il padre aveva voluto a Borgotaro, lo ha messo davanti ad un mondo tutto da scoprire, il periodo in cui visse e crebbe, era il contesto giusto per imparare a muoversi nel mondo dell’arte moderna, dal nordeuropa infatti si diffondeva a macchia d’olio e, l’Italia ne fu influenzata, l’arte Liberty, significativo preludio a quella rivoluzione in campo artistico che ci ha accompagnato fino ad oggi. Eravamo tra 800 e 900 e anche in Italia come nel resto d’Europa, le case fiorivano le loro facciate di decorazioni, dove, gli elementi presenti in natura, misti ad un ormai timido neoclassicismo, erano i protagonisti. Per un’azienda come la sua, a quei tempi sapere di arte era un’esigenza. Non si può dire che non avesse alla portata materiali su cui coltivare la sua creatività, quando gesso, cemento, creta, marmo, erano sempre presenti e pronti per essere usati. E così lo vediamo entrare, fin da bambino, in quel mondo creativo che lo accompagnerà per tutta la vita. Insieme al suo grande talento, che lo prese per mano, iniziò presto a muoversi in un’atmosfera a lui famigliare e, appena diciottenne, si avventurò nella difficile impresa di auto ritrarsi in gesso. Quasi una sfida con se stesso, a questo seguirono nel tempo, altri ritratti, quelli dei suoi famigliari: papà Casimiro, mamma Desolina, la moglie, la figlia, le sorelle, il cognato, le cognate e altro. In Valtaro, per questa abilità a fare ritratti, era diventato un mito e così, spesso i genitori con figlie, che avevano difficoltà a trovar marito, perchè insicure nelle proprie scelte, dicevano loro che sarebbero andati da Tagliavini per farne fare uno in marmo su misura per loro….cio’ a dimostrare la precisione e la pignoleria con cui intraprendeva la lavorazione di un ritratto. Fu proprio uno di questi, il suo, che gli valse la preziosa iscrizione all’Istituto d’arte di Massa, già Accademia delle arti minori. Si racconta che, un rappresentante ,venuto da Massa, in azienda ,vide questo ragazzo poco più che diciottenne, alle prese con la realizzazione del suo autoritratto: tale e tanta fu la sua meraviglia, nel constatare quanto questo fosse corrispondente al vero, che non esitò a convincere il padre ad interessarsi per l’iscrizione a quella scuola, che, già all’epoca, da ormai più di un secolo, sfornava dei bravi marmisti, con specifiche conoscenze mirate alla scultura su marmo. Qui, la vicinanza di famosi ed esperti scultori massesi, gli fu di grande aiuto, esperienza e abilità crebbero con lui, diventando bravissimo nel realizzare piccole e grandi cose in quel laboratorio dove, lavorò finché una brutta malattia non lo portò via da quelle terre, che lui tanto amava. Era il 25 agosto 1968. La fama della sua bravura, delle sue eccellenti conoscenze artistiche, si sparse in ogni dove, varcando i confini e approdando in territorio ligure e lunigianese. Avvalendosi della preziosa collaborazione dei suoi operai, che lo seguivano, ammirati e meravigliati ad un tempo, di tutto quel che riusciva ad inventarsi, per rendere bello il suo paese e tutta la valle, sfornava opere, dove spesso, era presente il carattere mite, gentile, di una persona umile ed onesta. Lo testimoniano gli arredi dei giardini, le facciate delle case ,in special modo le villette Liberty di Via Montegrappa e di Via Piave a Borgotaro, della Via Provinciale a Bedonia dove la sua semplicità e il suo buon gusto sono riflessi sulle loro facciate. Ma, se vogliamo, percorrendo le strade della Valtaro, troviamo altrove, molte cose che lo ricordano. Tra le tante sono famose le sue fontane, spesso a soggetto mitologico, che arredano i giardini delle sue ville e degli alberghi, un po’ rare da trovare perchè nascoste un po’ ovunque tra i paesi valtaresi. A Bedonia ce n’è una ,ad esempio, in località Ronconovo, sulla destra salendo, che dimostra il suo gusto sottile, il suo amore per la cultura, il suo rispetto per tutto ciò che la natura ci insegna..in questa fontana esprime tutto questo incidendo su marmo una frase: “Laudato sii mì Signore per sora acqua….”dal Cantico delle Creature di San Francesco. Questo a dimostrare la semplicità dell’uomo Tagliavini, la cui mitezza è ben nota a chi lo ha conosciuto. Ma, tutto all’intorno, nel paesaggio Valtarese, parla di lui, interni ed esterni degli edifici portano i segni del suo passaggio, chiese ristrutturate o rifatte dal nuovo, case, ville, giardini, monumenti ai caduti…e qui, c’è da ricordare, quella che è da considerare la sua opera principale: il Sacrario ai caduti dell’ultima guerra ,su al cimitero di Borgotaro, ma anche altri cimiteri della zona…..portano segni tangibili del suo operato. Chi lo ha visto lavorare, passeggiando per la Valtaro, si accorge di lui, della sua presenza in mezzo a noi, in ogni angolo piccole o grandi opere, lo fanno sentire ancora vivo tra la sua gente. Sentirsi vivo, operare per il bene della comunità, stare in mezzo ad essa, comprenderne le necessità, ecco quel che voleva…era un artista, era soprattutto un uomo che si metteva spesso in gioco, collaborando per il bene del paese. Lo vediamo organizzatore dei corsi mascherati, mettendo disponibilità ed arte per dare al paese il suo carnevale. Lo vediamo in biblioteca, quale bibliotecario e addirittura presidente della stessa, lo vediamo infine tra gli sportivi del paese, a fare il presidente della squadra calcistica del posto, oppure a rifornire di piccoli trofei di marmo, da lui creati, le corse ciclistiche che ogni anno si organizzavano a Borgotaro, durante la bella stagione, un’altro sport che lo appassionava era il canottaggio. Quando, durante il mese d’aprile, il Taro si vestiva dei colori di canoe e canoisti ,che sfidando la sua irruenza, cercavano dal ponte di San Rocco di raggiungere Fornovo, lui era sempre presente e ,dopo la partenza, seguiva la gara su strada, arrivando fino a Ostia e li aspettava sul ponte che portava a Tiedoli. Ecco dunque un uomo, le cui sfaccettature erano molteplici. La scultura non era la sua unica passione, spesso sperimentava altre attività artistiche quali pittura,fotografia,xilografia…ma lui era principalmente architetto anche se il suo senso plastico a volte lo proiettava verso la scultura….La scuola gli aveva dato questo indirizzo, formandolo alla realizzazione degli ornati che abbellivano le ville Valtaresi dell’epoca e a specifiche conoscenze architettoniche. Sempre al passo con i tempi e attento alle mode artistiche che ne segnavano il fluire, in quella casa di Via Libertà, dove lui viveva, non mancavano mai riviste di ville e giardini, da cui arricchire la sua conoscenza. Ecco dunque, nei suoi progetti, abbandonare le decorazioni di un momento ormai trascorso e dare linearità alle sue opere, che, intorno al 1960,iniziarono ad avere uno stile diverso, più semplice del precedente, ma pur sempre sottolineante il suo gusto per le cose belle ed armoniose. La Villa Capitelli di Via Piave, ne può essere il prototipo di un’epoca che stava cambiando. Anche gli arredi per i giardini, cambiano aspetto: lo vediamo nelle forme armoniose di certi tavolini fatti a fungo, datati 1966,che sono oggetto dell’ammirazione di chiunque li guardi. A quell’epoca anche la ringhiere in cemento che abbellivano le ville Valtaresi di meta novecento cambiano aspetto…vediamo altri tipi di arredo, il tutto a ricordare i suoi posti e la sua valle: la riproduzione in cemento di staccionate fatte a regola d’arte e non solo, ma anche di graziosi vasi da fiori dove l’albero, il bosco ,la natura aveva una parte importante di questo suo nuovo stile. A Bedonia, dirigendosi verso il santuario della Madonna di S.Marco, sulla sinistra salendo, troviamo questo tipo di ringhiera. Purtroppo, avendo il lavoro svolto , assunto, nell’arco degli anni, proporzioni notevoli si è nell’impossibilità di ricordare tutto quel che Tagliavini ha fatto per il suo paese e la sua valle. Piccoli e grandi paesi portano ancora il ricordo di questo grande artista Valtarese :un pavimento di una casa o un cane, una pigna, un leone…ancor oggi possono essere osservati sui pilastri delle artistiche recinzioni delle ville della Valtaro.